Biografia cadorina

Giovanni Fabbiani

Scrittore e giornalista, Giovanni Fabbiani fu il più grande storico dopo Ronzon, ammirato per la preparazione ed il rigore morale

di Mario Ferruccio Belli

Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di luglio 2008

Il professore Giovanni Fabbiani, considerato a ragione il più profondo conoscitore della storia del Cadore, dopo Antonio Ronzon, era nato a Lozzo, nel 1897. La sua bibliografia, curata nel 1975 da Gloria Fiori, elenca 175 titoli, numero di per sé ragguardevole, che farebbe il vanto di qualsiasi scrittore. Ma, se si pensa che fra loro vi sono assieme articoli di uno o due pagine pubblicati su giornali bellunesi e nazionali, libri di centinaia di pagine e, persino, due tomi che assieme ne fanno quasi duemila, si capisce che Fabbiani ha dedicato tutti i suoi giorni allo studio e alla scrittura. Giovanni ha trovato il suo rifugio nella quiete della casa paterna a Lozzo, dove ritornano oggi i figli e i nipoti, ma il padre era nato a Rocca Pietore, nell'alto agordino; dunque portava in sé anche altre radici. Diplomalo maestro fra il 1914-15, prima di ancora di salire in cattedra, aveva dovuto indossare il grigioverde e partire per la guerra. Ufficiale degli alpini, prestò servizio sulle Tofane e sul Lagazuoi, che sempre ricordò con nostalgia quali luoghi d'incanto se paragonati alle fangose trincee del Carso, dove suoi colleghi erano stati mandati a combattere e a morire. Dopo Caporetto durante uno scontro nella nebbia, finì prigioniero. Venne portato nel lager di Mauthausen dove, nonostante le privazioni e gli stenti, era riuscito ad imparare discretamente il tedesco. Ma di quel periodo non parlava volentieri, fissando l'interlocutore in silenzio, perso in chissà quali lontani ricordi. Da conoscitore, come pochi, della storia vedeva in un unico quadro le vicende dei barbari, nostri tradizionali invasori, confondersi con i grandi patriarchi feudatari dell'impero, i re boemi e la repubblica Serenissima, alleata degli Asburgo e di Maria Teresa nella difesa della civiltà cristiana contro l'Islam; soprattutto respirava quella parte di Mitteleuropa che, nell'ottocento, aveva dato pane e lavoro agli antenati. Della sua carriera in campo scolastico è presto detto. Nel primo dopoguerra, giovane maestro, raggiungeva Auronzo sua sede di lavoro in bicicletta tutti i giorni da Lozzo. Diventato direttore didattico di quel Circolo, dopo non molti anni fu promosso direttore del 1° circolo a Belluno per fare un ulteriore salto, e diventare ispettore scolastico a Feltre e infine a Belluno, fino al congedo. Durante tutti i quaranta anni di servizio fu stimato e ammirato dai colleghi e dipendenti per la preparazione e per il rigore morale. Ma Fabbiani era prima di tutto scrittore e giornalista, perennemente pungolato dal colloquio con i lettori. Fra la sua sterminata produzione vogliamo ricordare le puntuali collaborazioni all'Archivio storico Belluno Feltre Cadore; gli articoli, sempre succosi ed essenziali, sul Gazzettino, sull'Amico del popolo e sul Cadore; le inchieste sulle riviste specialistiche, quali La Rassegna Economica della CCIA, Archivio Veneto, L'Alpino. La sua gloria imperitura però sono i libri. Ricordiamo almeno i più importanti. Il primo pubblicato a Feltre nel 1939, "Saggio di bibliografia cadorina", di 823 pagine. Quel titolo apparentemente riduttivo significa ben 6075 voci, e relativi indici ragionati dei nomi principali, quasi una “valle di Giosafat” dove tutti si incontreranno. Un volume che si riconferma miniera insostituibile per ogni ricercatore di storia patria. Pubblicare in quei tempi un simile lavoro era un impegno economico che solo un illuminato mecenate, come il cavaliere del lavoro Marco Barnabò, poteva affrontare. Lo ringraziò con tre righe esaurienti "perché compreso l'amore per la piccola patria comune che lo ha ispirato ne ha reso possibile la pubblicazione". Nel 1947 esce la "Breve storia del Cadore", ristampata cinque volte, l'ultima nel 1992. Nel 1962 esce il secondo volume di bibliografia cadorina: "Prime, giunte al saggio ..." ancora a Feltre, di pagine 648, finanziato dal benemerito Fausto Giacobbi di Calalzo. In questo Fabbiani ha catalogato diligentemente altre 4275 pubblicazioni sul Cadore, piccole e grandi, da chiunque scritte, nonché tutti i testi firmati da cadorini, e questo portato avanti fino a tutto il 1960. Non basta. Il figlio dottor Grazioso riferisce che suo padre, anche dopo aver licenziato quell'opera gigantesca, ha continuato a raccogliere, selezionare giornali, libri, manifesti, ecc. mettendo assieme in rigoroso ordine cronologico materiale sufficiente per un terzo volume di bibliografia. Naturalmente ora servirà un altro sponsor che voglia passare alla storia per l'amore verso la cultura e il Cadore. Ci dicono che la comunità montana del Centro Cadore avrebbe deciso di prestare il suo decisivo appoggio. Non possiamo che ringraziare e fare loro i complimenti. Ritornando al “professore” segnaliamo anche il libro le "Chiese del Cadore", pp. 242, con fotografie, prima pubblicazione organica sul patrimonio religioso dopo gli studi parziali di Jacobi, Ronzon e Da Ronco. Nel 1973 Fabbiani rivolge il suo interesse al paese della moglie, scrivendo un altro consistente volume "Auronzo, pagine di storia", che dedica alla compagna della vita con queste parole toccanti: Questa mia lunga, ma lieta fatica, la dedico a mia moglie, l'auronzana Elisa Larese Cella, alla vigilia delle nostre nozze d'oro. Lozzo di Cadore, san Lorenzo, 1972". Mai prima di allora aveva aperto così al pubblico i segreti del cuore dove la famiglia occupava il primo posto. Nel 1980 Giuseppe Vecellio, presidente della Magnifica, di cui Fabbiani era stato nominato consigliere tecnico, e della quale era sempre stato fermo sostenitore, cura a Roma la pubblicazione "Il Cadore nell'età napoleonica". In quel lavoro, tanto ghiotto quanto poco conosciuto, sono raccolte le ricerche fatte negli archivi provinciali sugli anni delle guerre francesi che tanti disastri avevano provocato in Cadore. Erano uscite, graditissime dall'opinione pubblica, a puntate sull'Archivio storico. I giornalisti del Cadore che, in quegli anni, s'erano riuniti in associazione, hanno ritenuto che fosse giunto il momento per rendergli omaggio. Il 22 marzo 1975, nel salone della Magnifica a Pieve, gremito come poche volle, Giovanni Fabbiani riceveva una medaglia d'oro, assieme ad una pergamena, il cui testo in latino era stato dettato dall'arcidiacono Gugliemo Saguì. Nella stupenda sintesi c'è tutto: dai promotori e donanti allo spirito che aveva circonfuso il dono. Diamo la traduzione italiana: "L'Associazione stampa Cadore con la Magnifica comunità di Cadore e i magnifici comuni di Pieve e Lozzo, solidali in questa iniziativa, offre a Giovanni Fabbiani, profondo studioso e conoscitore della storia e della vita del Cadore, per aver dato alle stampe numerose pubblicazioni, apprezzate, diffuse e sempre ricercate e per essersi reso benemerito per la diuturna dedizione nel campo della scuola, una medaglia d'oro segno di riconoscenza di tutto il popolo cadorino e di generale stima e considerazione, auspicio di ancora lunga ed intensa attività". Al giornalista Serafino De Lorenzo, a lui più vicino anche per età, che gli aveva comunicato l'intenzione dei colleghi, e che tenne il discorso, aveva risposto "è mio desiderio che nei miei riguardi nulla si faccia, pur essendo grato all'Associazione". Naturalmente la cerimonia riuscì splendida, alla presenza del presidente Odorico Larese e dei sindaci di Pieve, Luigi Canaider e di Lozzo, Luigi Piazza, e dei figli. Il professore ieratico accettò in silenzio il riconoscimento e la pubblicazione curata per l'occasione. Era commosso. Scrisse De Lorenzo: " poteva apparire burbero - il carattere, i tratti, la figura potevano farlo pensare -, ma una maggiore penetrazione interiore fugava la prima impressione". Più o meno in quei giorni accolse alcuni studiosi scesi a Belluno, dove una volta andato in pensione s'era costruito una casetta, raccomandando loro un altro dei suoi amori, la biblioteca storica di Vigo. "No ste a desmentegarve de la biblioteca cadorina del prof. Ronzon. Là dentro bate veramente al cuore del nostro Cador!" . E' mancato a 89 anni a Belluno, il 13 settembre 1986. Come i patriarchi delle sacre Scritture, al suo capezzale c'erano i figli Grazioso, Maria e Lorenzo con le rispettive famiglie e gli adorati nipoti. La sua salma riposa nel camposanto di Lozzo, in faccia alle creste seghettate del Cridola di Lorenzago.

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