STORIA CADORINA

LAGOLE

Dalla leggenda agli scavi archeologici del 1949

di Marcello Rosina

Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di dicembre 2008

A Calalzo di Cadore, verso est, digradante dalle pendici del monte Tranego, uno sperone di roccia cerca ancora di emergere dalle acque del lago di Centro Cadore: quella località si chiama Làgole e si trova sotto la Stazione ferroviaria. Qui scaturiscono, da sempre, delle polle che per gli antichi abitatori avevano di sicuro delle valenze 'magiche': in quelle acque, che servivano a purificare, detergere, sanare, abitava una divinità che si era scelta quel posto per dispensare i favori. Prima di ottenerli bisognava, però, far precedere dei rituali e delle liturgìe particolari. La divinità, chiamata dagli studiosi TRUMUS ICATEI, elargiva, alle donne, il dono di diventare madre; ai guerrieri, di non morire in guerra; ai debilitati ed ai sofferenti, di sanare qualche parte dell'organismo. Queste 'dicerie' si tramutarono in racconti fantastici e si videro popolare le grotte antistanti il luogo sacro dalle fantasiose 'anguane', donne dai capelli rossi e dai piedi di capra. La saga tra gli abitanti del luogo e le perfide anguane durò a lungo e terminò solamente quando le anguane trucidarono tutte le splendide ragazze che si stavano tuffando nel bagno terapeutico, in occasione del plenilunio agostano, per conservare intatta la loro bellezza, in spregio agli anni che miseramente trascorrevano. La divinità della fonte sacra si vendicò dell'oltraggio fatto alle donne e decretò la morte immediata delle invidiose anguane. Per molto tempo queste dicerie aleggiarono nei racconti delle persone più anziane le quali sapevano tutto sulla storia e le tradizioni locali. Del passato di Làgole non rimanevano che le 'fole' raccontate attorno al 'larin' (il focolare cadorino) e la innegabile proprietà delle acque che rendeva bianca la biancheria la quale veniva sciacquata sul posto, anche d'inverno, perché la temperatura e la portata dell'acqua erano sempre le stesse. Era il 18 maggio 1914 e la costruzione della linea ferroviaria portò, per la prima volta, il treno in Cadore. Il tracciato dei binari tagliava giusto e mezzo il luogo sacro di Làgole ma nessuno se ne accorse e le leggende continuarono a proliferare. Finalmente nel 1949 qualcuno, con paziente tenacia, cercò di dissotterrare dalle zolle del terreno il segreto: e così fu svelato il mistero! In una fortunata serie di scavi, durata fino al 1956, rividero la luce oggetti appartenenti all'antica popolazione che aveva abitato il luogo di Làgole. Furono tantissime le statuine di guerrieri e di animali, gli oggetti di uso comune e questi ultimi, tutti, regolarmente rotti. Il motivo fu individuato nel rito che precedeva l'assunzione dell'acqua della fonte sacra. Un po' dappertutto, su questi ritrovamenti, si rilevarono dei segni particolari incisi con una strana grafia. Vennero studiati e si affermò appartenessero al popolo dei Venetici, popolo che arrivò in queste contrade tre secoli prima della nascita di Cristo. Tutti gli oggetti ritrovati sono ora esposti nel Museo della Magnifica Comunità di Pieve di Cadore, ma il luogo fantastico di Làgole rimasto a perpetuare la memoria che galleggia sui riflussi della fantasia. Nessuno può andare a Làgole se prima non ha conosciuto la sua vera storia e nessuno può sostare tra le rive del 'lago delle tose' se prima non si è bene impresso nella memoria la storia delle cattive anguane e della martoriata Bianca, la figlia bellissima del capo villaggio, inumata per sempre su una splendida vetta delle Marmarole. Sotto il sole sboccia la pinguicola, dalla colorazione cerulea che ci fornisce così la scoperta di 'quel colore e quell'odor di cielo' che si disperde anche tra le rose di macchia. Ma è attraverso l'atmosfera cristallina del proprio inconscio che si avverte il fascino arcano del muschio che ci rapisce in immagini di boschi e di essenze lontani nel tempo e nel ricordo.

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