STORIA CADORINA

NOTIZIE CIRCA IL QUÌ DISEGNATO CASTELLO DI PIEVE DI CADORE

"Questa monografia non porta alcuna indicazione d'autore, ma lo stile non lascia alcun dubbio che essa appartenga allo storico Giuseppe Ciani. I disegni del Castello, invece, sono tutti opera del Talamini1".

Molti furono li castelli anticamente fabbricati nel Cadorino, e dei due che sopravanzarono alle stragi della guerra ed alle ingiurie del tempo, questo prevaleva per più riguardi a quello di Bottestagno esistente al confine del Distretto verso il Tirolo, nel canale che dal Comune di Ampezzo passa nella Pusteria, ove per primo si trova il paese di Toblach; Castello, che per la pace del 1520 restò unitamente al Comune di Ampezzo in potere della Casa d'Austria, che nel tempo del guerra portata contro la Repubblica di Venezia dai coalizzati di Cambrai lo aveva occupato.

  • Stemma del CadoreStemma del Cadore
    Antico Stemma del Cadore
  • Pieve 1818Pieve 1818
    Pieve 1818, stando nei campi opposti, si vede lontano il Castello
  • icnografiaicnografia
    Icnografia del Castello di Pieve

Del nostro ignoriamo la origine; ma non possiamo esitare a crederlo eretto prima assai decimo secolo dell'Era Volgare, imperciocché le cronache venete, e gli autori Piloni, Malfatti ed altri, che trattano della origine e derivazione delle venete patrizie famiglie, e parlando di quella d'Armer, la vogliono derivata nell'anno 812 dal nobile Castello di Pieve di Cadore; d'altronde, perchè essendo certo, che anticamente si dava il titolo di Conte al governatore di una città, o almeno di un paese avente per capitale un borgo, una terra, una fortezza, od un castello fortificato, dal che poi il paese e territorio cosi governato acquistò la denominazio di Contado, siamo assicurati da due diplomi dell an 974 dell'Imperatore Ottone, e dell' anno 1140 dell'Imperatore Corrado che tutto il Cadorino costituiva un Comitato (l'uno e l'altro registrati nella mia collezione) il quale volevano che appartenesse al Vescovato e Principato di Frisinga nella Baviera, congiuntamente ad Innichen ed una parte della Pusteria. Sappiamo poi in grazia di documenti tratti dalla Biblioteca Fontaniniana di S. Daniele, che nell'anno 1155 Guecello da Camino, e la Contessa Sofia figlia ed erede del Conte Valfreddo di Calfosco giugali furono investiti del Castello di Pieve, da Folco marchese, e che Successivamente i loro discendenti si chiamarono Conti di Cadore.

Li Cadorini riguardavano allora questo Castello e quello di Botestagno come i garanti della propria sicurezza, cosicché avendo dopo la morte di Rizzardo da Camino, ultimo di quel ramo, che possedeva questo Comitato, il quale mancò nel 1335 senza lasciar figli maschi, recuperata la propria indipendenza, fecero ristorare con loro grave dispendio. Nel 1340 il Castello di Pieve, siccome ci assicura lo storico Piloni, sotto la podestaria di Tomaso detto Tomeo. Mostrarono il medesimo sentimento quando nel 1347, 31 Maggio, si dedicarono al patriarca di Aquileja Bertrando il Beato, e quando nel Luglio del 1420 si diedero alla veneziana Repubblica, dando all' uno ed all' altro successivamente tutti li redditi del Comitato sotto condizione di dover mantenere e difendere li nominati Castelli a loro spese, come espressamente sta scritto nei concordati o privilegi ottenuti, e tuttavia concorsero a sostenere col Principe le spese delle azioni eventualmente occorse nel progresso dei tempi, siccome risulta dai pubblici registri dell' Archivio.

  • Pieve 1818Pieve 1818
    Porta d'ingresso all'interno del Castello
  • Ortografia dell'ingressoOrtografia dell'ingresso
    Ortografia interna del Castello verso la Porta d'ingresso
  • Ortografia dell'ingressoOrtografia dell'ingresso
    Ortografia interna del Castello verso la Porta d'ingresso

Il Castello di Pieve fu preso da Massimiliano Imperatore nel principio del secolo XVI, cioè nell'anno 1508, quando invase ostilmente, ed inaspettato, gli Stati dei Veneziani; e poi ripreso nel 4 Marzo di detto anno col mezzo di Bortolamio d'Alviano Capitano Generale della Repubblica, cooperanti li Cadorini, indi compiutamente ristorato. Da questa epoca e fino al 1797, non fu preso da altri. Era sempre munito di un deposito di armi, all'uso di quei tempi; ma li Veneziani lo fornirono copiosamente di artiglieria, di moschetti, di armi da punta e da taglio, e di munizioni d' ogni genere da guerra, e da bocca, come dettagliatamente rilevasi dagli inventari, che si rinnovavano di reggimento in reggimento dai Nobili Veneti destinati come Capitani del Cadore alla di lui custodia, e dimoranti nel medesimo. Fino al cominciare del secolo XVIII il presidio era composto principalmente di Cadorini chiamati SOCI, e successivamente d'invalidi militari denominati BENEMERITI, comandati da un Capitano di linea. Manteneva la Repubblica al servizio del Nobile Veneto Capitano un Cancelliere, e talora un Coadiutore, un Cappellano, un Capo artigliere e "munizioniere, alcuni Cursori denominati CAVALLARI, ed un custode delle prigioni che si chiamava CAVALLERATO, tutti dimoranti nel Castello, provveduti di sufficienti abitazioni, di locali pel deposito delle armi, delle munizioni, degli attrezzi, e delle granaglie, di mulini manuali, di forni da cuocere il pane, di un pozzo di ottima e perenne acqua, cosa maravigliosa nella sommità di un colle che non è sussidiato dai scoli di altri colli o monti.

La sua chiesa dedicata a S. Caterina, con due altri altari in onore di S. Valentino, di cui custodivasi una miracolosa reliquia, e della B. Vergine della Centura.
Era bene tenuta, decorata di una tavoletta di Gio: Bellino, o della sua scuola, di un quadrone a semicerchio che copriva la parte sopra l'altar principale di Marco Vecellio pittore, e della tela di S. Valentino creduta di Annibale Caracci, fatta per divozione d'ordine di Benedetto Longo Capitano nel 1542, molto però pregiudicata, di lampade tre ed una croce d' argento, oltre le teche delle reliquie e la pace; era poi provvista di sufficienti redditi di beni fondi descritti nell'Inventario rinnovato l'anno 1532, che si conserva ancora, e nel giorno di S. Valentino nel quale si celebrava la di lui festività e si benedivano i divoti con la sua reliquia v' era concorso di popolo da ogni parte del Distretto. Quando nel Maggio del 1797 li Francesi, sotto il comando di Bonaparte, occuparono le provincie della Veneta Repubblica anche il Cadorino fu invaso dalle brigate del Colonnello Valori, che si acquartierò in Pieve. Era allora il Castello privo di presidio, custodito soltanto dal Capo munizioniere, ed alquanto pregiudicato nelle mura di fortificazione e nei fabbricati interni, ma tuttavia provveduto di un deposito di armi da fuoco e da taglio, di armature di ferro antiche pei soldati, di altro deposito di munizioni militari, di polvere, di palle da cannone, da bombarda, da falconetto e da fucile, con tutti gli attrezzi necessari all' Artiglieria ed alla difesa.

  • Stemma del CadoreStemma del Cadore
    Spaccato del lato sinistro
  • Pieve 1818Pieve 1818
    Spaccato, ossia facciata interna del Castello del lato destro entrando

V'erano molti mortai grossi da bomba, e per altri usi, di diverso calibro. V'erano sei cannoni lunghi di bronzo che pesavano cumulativamente libbre nostrane 5050, cioè rispettivamente di libbre 1184 - 1144 - 1108 - 540 - 539 - 536 ; ed altri sei di ferro, di libbre 5900 in tutti; montati sui loro carri fortissimi e pesanti di rovere con ricche armature di ferro. V'erano due grosse campane nel piccolo campanile, altre alla porta maggiore, ed una attaccata esteriormente alla chiesa. Li cannoni, levati dai carri furono, al primo avviso della prossima venuta dei Francesi, nascosti sotto terra per salvarli dalla loro rapacità. Infatti, poi, l'armata non si curò del Castello, che si credeva spoglio di tutto, perché disabitato; ma essendo occorso di valersene per custodia delle polveri senza pericolo del paese, lo si consegnò ad un Sargente, che comandava 12 soldati. Fu da questi, colla complicità dei mali intenzionati terrieri, cominciato lo spoglio. In seguito alla loro partenza i ladri domestici dilapidarono tutto ciò che nell'articolo ferramenta, e pietre di Castello importava una rilevantissima somma. Giunti nel Febbraio del 1798 gli Austriaci, il paese si fece l' onore di prestar loro li 12 cannoni, che benché privi dei carri si trasportarono sull'istante per la via di Ceneda. Gli effetti di chiesa rimasti dalle rapine, si applicarono a beneficio della parrocchiale di Pieve. E finalmente fu alla medesima concesso di valersi dei materiali pel compimento del coro e della sagrestia, del che poi, abusandone ognuno, se ne approfittò per usi privati, e così fu distrutto barbaramente un edificio che decorava la Patria, e che poteva sussistere per qualche secolo ancora.

DESCRIZIONE DEL CASTELLO

Era posto, come si vede, sopra quel colle gemello di Montericco che sta collocato verso mattina, ossia Sud-Est rispettivamente a Pieve. Questo colle è inaccessibile dal lato che guarda la Piave, e di difficile accesso dagli altri. Per questo motivo le sue mura erano bene e meglio fortificate in queste parti, perchè fatte di ottimo materiale, ed a scarpa e totalmente terrapienate, e dovunque distaccate dal fabbricato interno, a differenza delle altre che vi erano congiunte come dimostra la pianta.

Al lato verso sera, ove stava l'ingresso, v'era un altro esterno recinto che copriva la facciata e la porta principale ed al quale si entrava per una porta eguale alla predetta, e prima di giungervi v' era un ponte levatojo. Entrambe le porte erano di ferro con fortissimi catenacci assicurate, ed inoltre la principale avea sopra e dietro di sé la cosidetta saracinesca, che calavasi nelle occasioni di pericolo. La prima porta essendosi ruinata, fu fatta riedificare dal Luogotenente d'Udine, Francesco Bembo, nel 1720, che fattovi collocare sopra della medesima un Leone scolpito in pietra viva vi aggiunse la seguente iscrizione :

FRANCISCVS BEMBO L. P. F. I. (PRO) SENATV IN REGIMINE ANTONII OVERINI HANC RVINAM REPARAVIT MDCCXX.

Sulla torre stava pure il Leone Veneto colossalmente scolpito in pietra, avente le ali ed il libro aperto, e proteggeva sotto il suo ventre l'arma di Girolamo Zeno Capitano del Cadore, il cui nome stava scolpito sulla cornice inferiore, cioè:

PRAETORE HYERONIMO ZENO MDXXXII

Fu apposto questo leone a spese di certo Zannini di Pieve in conseguenza di una condanna riportata. Altro Leone alato vedevasi sull'angolo delle mura in faccia a Pieve, scolpito anch'esso in pietra.

Nei fabbricati interni v' era la CANCELLERIA sulla cui facciata, avente la porta e le finestre di pietra lavorata, stava una iscrizione in pietra sormontata da una cornice con frontespizio e fiancheggiata da due arme patrizie, e tutto scolpito in pietra come indica il disegno. Il pozzo nella parte superiore era formato d' un cerchio interno di pietra bene travagliata, ed avea l'ordigno e la forte catena di ferro, e tutto rinserrato da mura e coperto. La torre conteneva quattro prigioni: Due orribili nel fondo, e due nei piani superiori; tutte con volte vive e massiccie, con doppie porte ferrate di tutto punto. E queste servivano per tutti li malfattori dipendenti dall'autorità giudiziale del Cadore. Questo Castello però quantunque fortissimo e di facile difesa mentre non era introdotto l'uso dell'artiglieria, potea considerarsi debole dopo, a cagione di aver vicino un altro colle chiamato Montericco a lui prevalente, ed uno dirimpetto cioè alle spalle di Pieve denominato Pecollo, dai quali poteva essere facilmente distrutto col cannone e colle bombe.

Note

1. La seguente monografia è tratta da una pubblicazione del 1902 avvenuta ad opera della tipografia Aldo De Chiaves di Verona per le nozze Celotta-Savini.