STORIA CADORINA
Il fascino di Lagole dove si intrecciano storia e storie, filosofia di vita, archeologia e mitologia, acqua e natura
Un invito a passeggio con le Anguane di Lagole
Sotto Calalzo sulla riva sinistra del lago di Centro Cadore dove la Storia ha lasciato un segno marcato
di Rina Barnabò
Articolo tratto dal mensile Il Cadore pubblicato nel mese di novembre 2013
Uno dei luoghi più affascinanti del Centro Cadore è sicuramente Lagole nel comune di Calalzo di Cadore situato sulla riva del lago formato dalla diga di sbarramento dell'Enel, in una conca soleggiata e riparata dal vento, subito sotto l'ultimo tratto della linea ferroviaria Calalzo-Ponte nelle Alpi. L'area, di singolare bellezza, è caratterizzata dalla presenza di alcune sorgenti d'acque minerali. Lagole fu innanzitutto un luogo di culto paleoveneto molto importante (il pieno sviluppo dei santuari paleoveneti si situa tra il IV e il II secolo a.C). Gli antichi abitanti del Cadore scelsero Lagole come sede di un santuario la cui esistenza è confermata dai numerosi ex-voto rinvenuti ed oggi conservati presso il Museo Archeologico Cadorino nel palazzo della Magnifica Comunità di Cadore. La maggior parte dei luoghi di culto era collegata alle acque medicamentose e le divinità che vi erano adorate avevano la prerogativa di proteggere la salute. Per libare i devoti si servivano dei "simpula" sorta di mestoli formati da manico e coppa. Si suppone fossero prodotti sul luogo e incisi al momento dell'acquisto con la dedica alla divinità. Dalle iscrizioni riportate sugli ex voto si desume che la divinità adorata fosse chiamata Trumusjate o Tribusjate accompagnata dall'appellativo sainate.
Già dalla fine dell'800 si registrano ritrovamenti occasionali. Il reperto più famoso è la situla con iscrizione venefica rinvenuta nel 1914 nei pressi della stazione ferroviaria. Tra il 1947 e il 1949 vennero alla luce numerosi manici di simpulum bronzei con iscrizioni ma poche coppe, oltretutto prive d'iscrizioni. Questo porta a credere che le coppette fossero riutilizzate, considerata anche la scarsità della materia prima (il bronzo). Gli scavi organizzati da G.B. Frescura e E. De Lotto a partire dal 1949 hanno portato alla luce bronzetti con figurazioni di animali e di guerrieri, manici di simpulum, lamine lavorate a sbalzo, vari manufatti di bronzo e numerose monete, mentre in quelli successivi, effettuati sotto l'egida della Soprintendenza delle Antichità di Padova vennero rinvenuti la maggior parte degli ex voto lagoliani (vari manici di simpulum, fibule di diversa foggia, frammenti di lamina lavorata a sbalzo, coltelli, monete, tintinnabula da montone ecc.).
Nel corso del V secolo a.C. si diffonde presso i santuari paleoveneti la consuetudine di donare alla divinità immagini di bronzo di dimensioni ridotte rappresentanti figure umane e d'animali e a Lagole si presume ci fosse una operosa officina che le produceva e le personalizzava. Tra il IV e il III secolo a.C. la produzione di bronzetti raggiunge la massima intensità. Nel corso dei secoli molti di questi bronzetti furono rifusi per farne oggetti d'uso domestico. Dai reperti si possono anche dedurre le grazie richieste alla divinità: l'abbondanza di statuette itifalliche e di corna di cervo e montone fanno pensare alla fecondità e le numerose rappresentazioni di soldati e di parti del corpo lasciano dedurre che a Trumusjate si rivolgessero anche soldati e malati.
Ma Lagole era anche la dimora delle leggendarie Anguane, antiche creature femminili delle acque la cui origine si perde nella notte dei tempi, tra tutte le figure mitologiche del Cadore le più affascinanti e misteriose, protagoniste di un nutrito numero di storie. Il termine "Anguana" deriva dal latino aquana (ondina). L'etimo stesso della parola che accomuna una straordinaria varietà di donne selvagge delle leggende dell'area alpina fa riferimento alla natura acquatica di tali personaggi. L'etimologia spiega anche perché questo personaggio nei racconti viva quasi sempre vicino a laghi, torrenti e cascate e sia spesso intento a lavare e stendere il bucato. Le descrizioni delle Anguane sono varie ma per lo più concordano nel rappresentarle come donne bellissime (ma a volte solo di giorno), spesso adornate di fiori, alte e magre, soventemente con piedi caprini, con lunghi capelli rossi o biondi, lunghe mammelle che portano gettate dietro la schiena per allattare i figli nelle gerle e non essere intralciate nelle loro attività.
Sono vestite di verde, a volte di rosso o di bianco, colore legato al mondo dei morti e alle divinità benefiche dispensatrici di prosperità e fertilità. La loro bellezza fa passare in secondo piano le anomalie fisiche (tipiche degli esseri non completamente umani) come i piedi di capra, pelosi o rivolti all'indietro. La loro nascita è sconosciuta ma, per certo, sono dotate di straordinari poteri, conoscono molti segreti e sono in grado di predire disgrazie e decessi. Spesso possiedono la doppia caratteristica di donne brutte, vecchie e malvagie oppure giovani, belle e benefiche; a volte perfide seduttrici e punitrici, altre volte generose benefattrici che moltiplicano le messi. Questo duplice aspetto è tipico di tutto il folklore europeo e rimanda ad una società matrilineare nella quale tutto, anche le virtù magiche, passano da una generazione femminile all'altra. Le Anguane scelgono come dimora i luoghi non antropizzati, punti di confine fra due diversi mondi. Divise dal mondo degli umani per i loro natali misteriosi, ne sono irresistibilmente attratte ed interagiscono continuamente con la comunità umana; come le sirene, possiedono un irresistibile potere attraente che non dà scampo agli uomini. Una delle tematiche più diffuse nei racconti è appunto quella dell'unione tra un uomo e un'anguana, con molteplici varianti. Il matrimonio tra un uomo e una donna di natura ambigua è un tema che caratterizza svariate storie nella letteratura centroeuropea, a partire da Melusina. La maternità è un attributo importante delle Anguane ed i lunghi seni hanno una connotazione materna, tanto che, talvolta, se non si uniscono con gli uomini per procreare, rubano i bambini o li scambiano con i loro.
Le Anguane sono un po' il simbolo del potere seducente della natura. A Lagole dunque archeologia e mitologia, acqua e natura, storia e folklore si intrecciano creando un connubio di straordinario fascino e interesse. Percorrendo uno dei numerosi sentieri che attraversando il bosco conducono alle sorgenti sembra di compiere un viaggio a ritroso nel tempo: lo spettacolo delle acque che sgorgano dalle polle e scorrendo su di un terreno gessoso colorato di rosso a causa della presenza delle alghe rodofite, vanno a formare lo splendido laghetto delle Tose, è davvero suggestivo. Questo specchio d'acqua ha l'aspetto di una piscina scavata nella roccia e, con un po' di immaginazione, si può ancora scorgere la leggendaria scalinata che facilitava l'accesso alle antiche abitatrici che si bagnavano nelle portentose acque per mantenere la loro bellezza. Le proprietà terapeutiche delle acque delle sorgenti di Lagole, note fin da epoca preromana, trovano conferma nelle analisi effettuate dall'Università di Padova. Per valorizzare ulteriormente le enormi potenzialità turistiche e rendere ancora più affascinante e coinvolgente la fruizione dell'area (il territorio che si trova tra la linea ferroviaria e il lago di Centro Cadore) sono stati recentemente realizzati due itinerari didattici, che partono dal piazzale oggi adibito a parcheggio.
Due pannelli riassumono i percorsi che conducono i visitatori in una sorta di viaggio nel tempo finalizzato a illustrare le straordinarie peculiarità del luogo.Il primo itinerario, "Lagole e i luoghi della leggenda", conduce alla scoperta della mitologia del luogo, oltre che delle interessanti realtà naturalistiche, geologiche e botaniche. Una passeggiata scortati dalla presenza un po' inquietante ma estremamente affascinante delle Anguane. Il filo conduttore dell'itinerario è costituito dalla storia di Bianca la più famosa delle leggende ambientate a Lagole che racconta dell'uccisione della bella figlia del capo dell'antica e nobile popolazione che viveva a Sabasa, assassinata dalle invidiose Anguane, uccise poi dall'acqua della fonte miracolosa, diventata benefica dopo essere stata deviata verso i loro antri. La narrazione è divisa in nove diverse tappe che, arricchite da ricostruzioni fantastiche, fanno conoscere ai visitatori più piccoli le leggende e le storie che da secoli caratterizzano l'immagine di Lagole. Il "Percorso archeologico" è dedicato invece alla scoperta del sito di Lagole e del suo santuario, attraverso la storia di Sorus, un pellegrino venefico in visita al luogo di culto; nel corso della narrazione del suo viaggio, il protagonista si sofferma a descrivere il sito, supportato nella sua rievocazione da fedeli ricostruzioni e dettagliate descrizioni che, attraverso indizi, immagini e suoni, fanno sentire il visitatore parte della storia narrata.
Il progetto, elaborato da un pool di tecnici giovani, è stato finanziato con risorse comunali per 13.000 euro e con fondi attinti da un bando europeo (8.000 euro) a cui ha avuto accesso il consorzio delle Pro Loco. Il territorio sul quale sono stati realizzati i due itinerari, oltre che del Comune di Calalzo, è di proprietà della Regola di Pozzale. L'intervento, come sottolinea il sindaco di Calalzo Luca De Carlo, ha riscosso un grande successo e i sentieri sono stati molto trafficati. Prossimamente il progetto verrà ulteriormente incrementato, sia materialmente che "promozionalmente", al fine di rendere la fruizione dei due percorsi ancora più accattivante e di potenziarne la funzione pedagogica e le potenzialità turistiche.
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